Rose Schneiderman, la sindacalista polacca del “bread and roses”

La nota espressione “vogliamo il pane ed anche le rose” é sua, pronunciata in un famoso discorso del 1911. Immigrata polacca negli Usa, operaia in età precoce, autodidatta, militando nel movimento del donne, anche per il riconoscimento del voto femminile, divenne una delle più importanti sindacaliste della storia, il cui lascito della sua eredità é immane ed oggi molto attuale. Alla sua memoria nel Bronx è stato intitolato un edificio.

articolo di ©Patrizia Cordone – Tutti i diritti d’autore riservati. Sono vietati il “copia-ed-incolla“, il plagio, la contraffazione dei contenuti e di tutti gli usi illeciti a danno della proprietà intellettuale. In ossequio alla normativa dei diritti d’autore e del copyright le infrazioni saranno perseguite con severità presso le autorità giudiziarie competenti.

Nacque nel 1882 a Sawin in Polonia in una devota famiglia ebraica, che nonostante le avverse condizioni economiche tentò di favorire l’istruzione di tutti i loro figli, anche di Rose Schneiderman iscrivendola all’unica scuola privata raggiungibile e normalmente riservata ai ragazzi, successivamente ad una scuola pubblica a Chełm. Entrambi i genitori lavoravano nel settore sartoriale, come piccoli artigiani adattandosi anche ad altri lavoretti per arrotondare il modesto bilancio familiare, soprattutto la madre con la panificazione tradizionale ebraica ed i rimedi erboristici da lei preparati per varie malattie. Però ogni sforzo era insufficiente, da qui la decisione di emigrare nel 1890 a New York, nel quartiere di Lower East Side. Appena due anni dopo la scomparsa del padre costrinse la madre alla sistemazione dei suoi figli in un orfanotrofio ebreo ed ad intensificare il suo lavoro di sarta. Nel giro di poco tempo riuscì a stabilizzare le sue entrate economiche ed a riprendere con sé i suoi figli in casa. La madre fu decisa alla prosecuzione degli studi dei suoi figlioli, sobbarcandosi anche dei lavori notturni,  purtroppo il padre scomparve nel 1895. A questo punto è proprio la piccola Rose Schneiderman all’età di tredici anni a doversi assumere l’incarico di capo-famiglia. Inizialmente grazie alla ricerca della madre angustiata per la rispettabilità femminile di un’occupazione lavorò come cassiera in un grande magazzino piuttosto che in fabbrica, dove le molestie sessuali erano più frequenti. Ben presto la giovane si accorse delle disparità salariali e dei mancati riconoscimenti professionali a svantaggio delle donne, da questa esperienza trasse insegnamento ed acquisì il vocabolario a lei fondamentale: femminismo, sindacalismo e socialismo. Decise per un posto in una fabbrica di cappelli, dove anche qui rilevò il basso livello delle paghe e le pessime condizioni lavorative delle donne, costrette a turni di dieci ore e persino a fornire una propria macchina da cucire a loro spese per lavorare. Non attardò di molto l’inizio della sua organizzazione sindacale tutta al femminile coinvolgendo direttamente le sue colleghe operaie e sollecitando parimenti il “National Board di United Cloth Hat & Cap Makers”, affinché si strutturasse in tal senso. Nello stesso anno, cioè nel 1905 Rose Schneiderman aderì alla W.t.u.l.Women Trade Union League di New York, inizialmente come segretaria della sede locale e poi nel 1909 come presidente, incarico mantenuto per quarantacinque anni. A questi ruoli non giunse soltanto per mera convinzione delle sue rivendicazioni, semmai anche per la sua straordinaria capacità oratoria e l’efficienza organizzativa animata dalla sua determinazione, qualità riconosciute proprio dalle altre donne sia della sua stessa classe che di quelle benestanti. Nel 1908 infatti per esempio proprio da Irene Lewisohn, ebrea tedesca filantropa le offrì il suo sostegno economico per la continuazione degli studi interrotti, aiuto accettato da Rose Schneiderman ma come stipendio per la sua attività sindacale, verso cui non lesinò alcuna energia. Fu in prima linea con lo sciopero delle operaie dei cappellifici nel 1905 e delle fabbriche tessili di camice nel 1909, quest’ultimo con una massiccia partecipazione di ventimila operaie e sostenuto dalla I.l.g.w.u, International Ladies ‘Garment Workers’ Union. Quindi nel 1911 arrivò tutt’altro che impreparata al primo congresso internazionale delle donne lavoratrici, ribadendo lì e sempre lungo tutta la sua esistenza le principali rivendicazioni a favore delle donne principalmente e di riflesso riguardante anche gli uomini: la regolamentazione statale non soltanto delle condizioni di lavoro in fabbrica e in ufficio, ma anche del lavoro a domicilio allora tipicamente femminile; l’assicurazione per la maternità; l’assistenza per l’infanzia finanziata dal governo; la riduzione della giornata lavorativa ad otto ore, un salario minimo nazionale e standard di sicurezza sul lavoro migliorati.

Durante la sua orazione rivendicante il diritto di voto femminile di fronte ad una platea di suffragette benestanti a Cleveland, pronunciò la celeberrima espressione, che fu rilanciata come uno slogan ad uno sciopero delle lavoratrici a Lawrence nel  1912, cioé “vogliamo il pane, ma anche le rose” ed ecco il brano completo:

“Ciò che la donna che lavora vuole è il diritto di vivere, non semplicemente di esistere – vuole il diritto alla vita così come ce l’ha la donna ricca, al sole ed alla musica ed all’arte. Voi non avete niente di più che anche l’operaia più umile non abbia il diritto di avere. L’operaia deve avere il pane, ma deve avere anche le rose. Date una mano anche voi, donne privilegiate, a darle la scheda elettorale con cui combattere“.

Infatti nonostante la gran mole dell’impegno sindacale coesistette al suo ardimento suffraggista, contribuendo nel 1911 a fondare la Wage Earner’s League for Woman Suffrage, nel 1912 a compiere un viaggio per il referendum del suffragio nell’Ohio e nel 1917 sostenne il diritto al voto femminile a New York. Del resto lei stessa considerò il suffragio essere parte integrante della lotta per i diritti economici. Da qui all’impegno politico il passo fu breve, tanto che nel 1920 si candidò alle elezioni del senato con il partito laburista e con una campagna di propaganda caratterizzata da forti temi sociali quali l’edilizia popolare, il miglioramento delle scuole di quartiere, i mercati alimentari a prezzi calmierati, le assicurazioni sanitarie, i sussidi di disoccupazione ed i servizi basilari di pubblica utilità finanziati a livello governativo. Purtroppo non fu eletta, in compenso fu notata da Eleonor Roosvelt, la moglie del presidente Usa, con cui si instaurò una stabile e proficua amicizia dai risvolti importanti. La legislazione del New Deal di Roosevelt fu basata sulle idee di Rose Schneiderman, tra cui la Fair Labor Standards Act, la National Labour Act e la Social law, Legge sulla sicurezza e parzialmente anche la FDR’s National Recovery Administration, comprendente delle normative per le industrie con predominanza di lavoratrici, inoltre nel 1933 dopo la sua inaugurazione Roosevelt la nominò come prima ed unica donna del National Advisory Board, intanto fu anche eletta segretaria della camera del lavoro per lo Stato di New York. Con questo incarico si dedicò all’estensione della sicurezza sociale ai lavoratori domestici ed alla parità di retribuzione per le lavoratrici, nonché promosse la formazione delle unità sindacali della crescente legione di lavoratori del servizio statale, particolarmente delle cameriere degli alberghi, delle dipendenti dei ristoranti e dei centri estetici. 

Nel 1950 si ritirò dalla vita pubblica, fatta eccezione per qualche discorso pubblico ed interviste radiofoniche. Scritta in collaborazione con Lucy Goldthwaite completa la sua autobiografia, All for One, che fu pubblicata nel 1967. All’età di novant’anni Rose Schneiderman scomparve all’House and Hospital, casa ebraica per gli anziani a New York l’11 agosto 1972.

Alla sua memoria è stato intitolato l’edificio dove visse nel Bronx dal 1925 al 1937, al n. 1940 di Andrews avenue.

articolo di ©Patrizia Cordone – Tutti i diritti d’autore riservati. Sono vietati il “copia-ed-incolla“, il plagio, la contraffazione dei contenuti e di tutti gli usi illeciti a danno della proprietà intellettuale. In ossequio alla normativa dei diritti d’autore e del copyright le infrazioni saranno perseguite con severità presso le autorità giudiziarie competenti.