Josephine Butler, attivista tenace contro la prostituzione

A lei si devono leggi rivoluzionarie a protezione delle donne e dei minori.Soprattutto stigmatizzò la responsabilità colpevole degli uomini e la mancanza di controllo della loro sessualità rapace quale causa della diffusione delle malattie veneree.  Ciò accadde in epoca vittoriana per merito suo: attivista di fede protestante. Intitolazioni di edifici universitari la ricordano, tutto il suo archivio è preservato presso un prestigioso centro studi londinese.

articolo di ©Patrizia Cordone – Tutti i diritti d’autore riservati. Sono vietati il “copia-ed-incolla“, il plagio, la contraffazione dei contenuti e di tutti gli usi illeciti a danno della proprietà intellettuale. In ossequio alla normativa dei diritti d’autore e del copyright le infrazioni saranno perseguite con severità e senza indugio presso la competente autorità giudiziaria.

Per lenire la perdita della figlia svolse del volontariato presso le prigioni femminili affollate da ex prostitute, alla cui causa si votò indefessa contrastando lo sfruttamento criminale, la prostituzione minorile, denunciando le autorità conniventi anche a mezzo stampa sia in Gran Bretagna che all’estero, dove sviluppò una fitta rete di alleanze femministe. Nel 1828 a Northumberland nacque Josephine Elizabeth Butler in una famiglia ricca, impegnata in varie attività filantropiche. Dalla madre ricevette l’educazione religiosa votata agli ideali civici, mentre dal padre attivo con l’antischiavismo apprese le sorti infelici soprattutto della servitù femminile. Istruita in casa non visse isolata avendo la sua famiglia delle ottime frequentazioni sociali. Nel 1852 sposò G. Butler, trovando molte affinità elettive anche per le sue battaglie future. Ebbe quattro figli, ma nel 1864 la maternità fu rattristata dalla perdita dell’ultima nata, dolore lenito occupandosi intensamente di opere di beneficienza, particolarmente con le visite alle detenute di Brownlow Hill. Allorquando si accorse essere gran parte di loro ex prostitute con serie difficoltà di reinserimento sociale una volta scarcerate, alla loro causa si dedicò d’accordo con il marito e nonostante i pregiudizi esistenti.

Josephine Butler Building in Liverpool
Josephine Butler Building in Liverpool – credit photo al termine dell’articolo.

Inizialmente ospitò qualcuna di loro a casa propria, successivamente creò un ospizio con l’aiuto economico di facoltose famiglie e poi un altro ancora, di volta in volta anche a seguito dei trasferimenti professionali del marito. Ma il suo altruismo non si limitò alla risoluzione abitativa, giacché presso le case di ospitalità create tentò anche di istruire le ex detenute a qualche mestiere, ritenendo importante un reinserimento sociale con l’indipendenza economica assicurata da lavori rispettabili. A tal uopo le fu di aiuto Anne Clough, una suffragista, che conobbe partecipando ad una complessa campagna a favore dei diritti delle donne ad ampio spettro, tra cui l’esercizio del voto. Nel 1866 anche lei firmò la petizione atta alla modifica della Reform bills, ma purtroppo venne ignorata. Nel 1867 assieme a lei costituì il “North of England Council for Promoting the Higher Education of Women” con l’obiettivo preposto del miglioramento delle condizioni lavorative sia delle insegnanti che delle governanti compiendo dei viaggi di conferenze nonché la scrittura di pamphlet come “The Education and Employment of Women”, la sua prima pubblicazione di ben novanta scritti complessivi durante la sua esistenza. A prescindere dal settore lavorativo a lei era assolutamente chiara la correlazione tra le migliori opportunità lavorative ed il livello di scolarizzazione, quindi l’importanza dell’accesso ad un’istruzione superiore a favore delle donne fino ad allora però preclusa. Nel 1868 a seguito di una petizione presentata all’università di Cambridge realizzò un primo obiettivo, cioè da parte del senato accademico l’adozione della “Cambridge Higher Examination for Women” per l’iscrizione universitaria femminile. Sempre pertinente all’indipendenza economica femminile fu ragguardevole il suo impegno assieme ad Elizabeth Wolstenholme, anche lei sua amica suffragista, con cui nel 1868 assunse la segreteria congiunta del “Married Women’s Property Committee”. L’attività del comitato si protrasse fino al 1882, quando dal parlamento venne approvata la “Married Women’s Property Act”, che per la prima volta riconosceva alle donne sposate la titolarità giuridica del proprio patrimonio, precedentemente sospesa a seguito del matrimonio ed in caso di divorzio di difficile re-impossessamento e-o restituzione da parte dell’ex coniuge. Ma attenzione,  Josephine Butler lavorava a favore delle donne su più piani ad ampio spettro, senza mai trascurare le sorti delle più sfortunate in assoluto, cioé le ex prostituìte. Infatti pur perseverando alla loro riabilitazione da ex detenute lei volle agire a ritroso delle condizioni sociali pregiudizievoli purtroppo causate dalle leggi misogine, tra cui le “Contagious Diseases Acts”, un corpus normativo adottato tra il 1864 ed il 1869 teoricamente rivolto alla riduzione del contagio delle malattie veneree nell’ambito militare, ma che di fatto escludeva il controllo della profilassi maschile a tutto svantaggio di quella femminile. Il personale preposto all’attuazione della normativa era la polizia organizzata in unità operative di agenti in borghese; i protocolli di indagine erano del tutto inesistenti, arbitrari, soggetti a corruzione da parte dei trafficanti della prostituzione, a ritorsioni personali contro le donne prostituìte peraltro anche ricattate, molestate, violentate, soggiogate e minacciate dallo strapotere poliziesco. Così in modo niente affatto né equo né imparziale men che mai regolamentato da un qualsiasi protocollo né supervisionato da nessun superiore responsabile i poliziotti compivano delle retate a raffica indiscriminatamente in alcuni quartieri, arrestavano le donne in base a semplici sospetti di prostituzione, quindi anche coloro che erano del tutto estranee. Dopo gli arresti le incarcerate venivano sottoposte ad umiliantissime visite ginecologiche, spesso a tutti gli effetti degli stupri in presenza sia del personale medico che poliziesco, di fatto erano violenze sessuali di gruppo. Come se non bastasse ed in virtù sarcasticamente intesa dell’ottemperanza alla legge medico-sanitaria, le donne riluttanti alle cure delle malattie veneree erano costretti ai lavori forzati. In ogni caso una volta scarcerate erano considerate gli scarti della società, riprendevano l’attività meretricia ancora con peggiori ricatti a quelli preesistenti proprio da parte della polizia. In altre parole si stramoltiplicavano gli abusi di potere a loro danno e senza nessuna opportunità di riscatto sociale. Di contro del tutto palese era l’assunto dei “due pesi e due misure”, sicché i clienti erano completamente esonerati da qualsiasi controllo sia medico che giudiziario, pur essendo, come ben si sa, loro stessi i principali portatori di malattie veneree. Al tempo all’opinione pubblicava più avveduta era invisa questa discriminazione, pur tuttavia le poche associazioni esistenti come la “National Association for the Repeal of the Contagious Diseases Acts”, escludeva la partecipazione delle donne. Nel 1869 in tutta risposta Josephine Butler assieme ad Elizabeth Wolstenholme fondò la Lna, Ladies National Association for the Repeal of the Contagious Diseases Acts, che denunciò a chiare lettere la discriminazione misogina e classista insita in quel corpus di leggi, chiedendone la totale abrogazione con il “Ladies Manifesto“. La tenacia dell’associazione e la lettura del suo manifesto scossero il parlamento britannico, come scrisse la stessa Josephine Butler nel suo libro Personal Reminiscences of a Great Crusade, pubblicato nel 1896 e rieditato nel 1910: “un deputato mi riferì “nella camera dei comuni il Suo Manifesto ci ha molto scosso, un importante esponente mi ha detto: che”sappiamo bene come affrontare qualsiasi altra opposizione, ma questa rivolta delle donne è veramente inusuale per noi. È una cosa nuova; cosa dovremmo fare con un’opposizione del genere?”.

Un primo articolo attinente le enunciazioni della Lna fu pubblicato da The Daily News il 31 dicembre 1869, controfirmato da centoventiquattro donne tra cui Florence Nightingale ed Harriet Martineau. Ovviamente tutt’altro che pochi i detrattori al suo proposito, quindi l’attività associativa proseguì a tutto spiano con una diversificazione intelligente dei micro-obiettivi da spianare verso l’obiettivo finale dell’abrogazione di quelle leggi. Il punto nodale assunto dall’associazione era la responsabilizzazione dei maschi alla loro sessualità incontrollata individuata come il presupposto sia della diffusione delle malattie veneree che soprattutto della prostituzione. Attorno a questi temi chi svolse le cosiddette “campagne di purezza” con i discorsi pubblici, con le conferenze e con gli incontri fu Josephine Butler, convinta da sempre della necessità dell’abbattimento del pregiudizio implicito alla doppia morale, permissiva agli uomini e colpevolizzante le donne. Nel 1870 svolse più tappe in Gran Bretagna promuovendo circa un centinaio di iniziative pubbliche sempre più mirate agli uomini, via via a quelli della classe operaia, la stessa delle donne prostituìte, incarcerate e sottoposte alle vessazioni peggiori dallo stato. L’ostilità a suo danno era palese: fu bersagliata da sterco animale; vennero frantumate le finestre dell’albergo, dove risiedeva; fu minacciata fisicamente; in altre occasioni i locali ospitanti le sue conferenze furono incendiate dolosamente con lei presente e miracolosamente indenne soltanto per citare alcuni degli accadimenti minacciosi. Ma nulla inficiò la retrocessione di un solo passo ai proponimenti prefissati, semmai al contrario l’attivismo della LnaLadies National Association for the Repeal of the Contagious Diseases Acts fu più motivato da queste azioni minacciose a proseguire addirittura a livello europeo per intessere delle collaborazioni con altre organizzazioni simili. Dal mese di dicembre del 1874 in tal senso l’incarico esplorativo fu affidato a Josephine Butler, che come prima tappa soggiornò a Parigi, successivamente in Italia ed in Svizzera. Come previsto ed anche auspicato riscontrò un forte sostegno dai gruppi locali, invece molto meno da parte delle autorità. Nel 1875 rientrata in Gran Bretagna poté costituire la British and Continental Federation for the Abolition of Prostitution, una federazione internazionale con tre propositi: contraria alla regolamentazione statale della prostituzione,  l’abolizione della schiavitù femminile e la moralizzazione pubblica maschile. All’incarico della segretaria furono nominati lei ed H. Wilson, un parlamentare liberale.

Indagando gli oscuri meandri della prostituzione apprese del fenomeno turpe del commercio di schiavi sessuali, donne e minori, che si svolgeva dalla Gran Bretagna verso l’Europa continentale, purtroppo consentito dalle leggi consenzienti la prostituzione all’età di tredici anni. Ancora una volta si avvalse della scrittura con un articolo di denuncia pubblicato da The Shield nel maggio 1880, dettagliando la squallida esistenza di questo traffico di minori avviluppate da tranelli e venduti in rinomati bordelli di Bruxelles. Ma fece ancora di più, si recò nella capitale belga, dove incontrò il sindaco e denunciò sia il capo della polizia che il suo vice di traffico di esseri umani senza mezzi termini, responsabilità e collusioni criminali confermate dalle investigazioni private condotte da un detective. Quindi vennero svolte delle indagini giudiziari ufficiali esitanti la rimozione del capo della polizia belga oltre che il suo arresto con dodici tenutari di bordelli. Questa sua impresa titanica proseguì anche nel suo paese ancora una volta nel segno migliore dell’alleanza femminile. Nel 1885 infatti conobbe Florence Soper Booth, la nuora del fondatore dell’Esercito della Salvezza, con cui proseguì la sua battaglia contro lo sfruttamento prostituivo dei minori coinvolgendo persino W.T. Stead, editore del Pall Mall Gazette, che favorevolmente pubblico degli articoli di aspra denuncia come “The Maiden Tribute of Modern Babylon”. Tramite la collaborazione di questa testata giornalistica crebbe l’attenzione pubblica con un milione di copie vendute: le interviste ed i reportages descrivevano il flagello della compra-vendita dei minori, soprattutto bambine, delle modalità ingannevoli con cui venivano sottratti dai compratori ai genitori, di fatto dei veri e propri rapimenti a vantaggio unicamente del lucro dei bordelli sia londinesi che esteri. Conseguentemente a questa pressante campagna-stampa si sollevò una fortissima indignazione popolare volta alla revisione delle leggi esistenti. A fronte di ciò i legislatori, volenti o dolenti, dovettero di gran lena provvedere. Il 6 agosto 1885 fu approvata la Criminal Law Amendment Act comprendente: le sanzioni dei reati sessuali sia contro le donne che i minori, la perseguibilità penale sia dei proprietari dei bordelli che dei rapitori di ragazze inferiori ai diciotto anni per finalità di violenza sessuale nonché l’innalzamento dell’età dai tredici ai sedici anni per il consenso sessuale. A seguito dell’approvazione di questa legge prolificarono molte organizzazioni per la “purezza sociale” con grave disappunto da parte di Josephine Butler, giacché le stesse approfittarono della nuova normativa con spirito bigotto volto alla censura di tutte le espressioni ritenute indecenti sia sociali che artistiche passando dal divieto di informazione del controllo delle nascite all’intrattenimento musicale. Infatti lei espresse la sua contrarietà con queste parole: “é ingiusto obbligare gli esseri umani alla morale con la forza, pensando in questo modo di promuovere la moralità della società

Intanto i tempi erano più maturi anche verso l’abrogazione dei “Contagious Diseases Acts”, cioé le normative contro le malattie veneree a senso unico del controllo dei corpi delle donne prostituìte e non invece dei loro clienti. Le battute finali si giocarono essenzialmente presso il parlamento, poiché l’opinione pubblica mostrava esponenzialmente un consenso maggiore. Inesorabilmente bisognava attendere il cambio di guardia al governo britannico con le elezioni del 1880, che segnarono la vittoria del partito liberale deciso alla cancellazione totale di quell’obbrobrio normativo, ma dovettero trascorrere ancora sei anni per mettere la parola “fine” a quella violenza di stato: il 1886 finalmente quel corpus di leggi fu totalmente abrogato.

Lentamente con l’avanzare degli anni e rimasta vedova dismise gli incarichi, preferì trascorrere più tempo con la famiglia, trasferendosi nel 1903 presso il figlio maggiore a Wooler.  Nel 1906 scomparve e fu sepolta al cimitero di Kirknewton. Non é noto il nome dell’autore del necrologio “A Noble Woman” pubblicato da The Daily News il 2 gennaio 1907, che merita di essere letto: “Il nome di Josephine comparirà sempre tra i più nobili riformisti sociali, il frutto del cui lavoro è il più grande patrimonio che abbiamo. Lei ha lottato con enorme coraggio e sacrificio in un campo di battaglia in cui è stata sottoposta all’antagonismo più feroce. […] Non ha mai vacillato nel suo lavoro ed é grazie a lei che il libro degli statuti inglesi riporta l’abrogazione di una delle peggiori macchie che l’abbiano mai deturpato. La sua vittoria segna uno dei più grandi passi per l’uguaglianza di trattamento delle donne, che è la prova finale della civiltà di una nazione”

josephine butler the Reformers memorial, Kensal Green Cemetery
josephine butler the Reformers memorial, Kensal Green Cemetery

La sua memoria non é andata dispersa. Appena quattro anni dopo, cioé nel 1907 il suo nome fu aggiunto al Memoriale dei Riformatori nel Kensal Green Cemetery di Londra; nel 1915 la Lna, l’associazione da lei fondata, si fuse con l’International Abolitionist Federation assumendo la denominazione di “Association of Moral and Hygiene”, ancora modificata nel 1953 con “Josephine Butler Association” avente sempre la stessa finalità di contrasto alla prostituzione minorile e femminile.

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Due “blue plaquet” sono affisse alle sue residenze quella natale al nr. 8 North View di Wimbledon dal 2001, mentre dal 2002 per iniziativa della Cheltenham Civic Society a Cheltenham, dove visse da sposata; inoltre a lei é intitolato “Josephine Butler House“, un edificio della facoltà di economia e legge dell’università J. Moores di Liverpool; un college dell’università di Durham; é raffigurata su due vetrate rispettivamente della chiesa anglicana di Liverpool e della Chiesa di St. Olave a Londra. In suo onore il 30 maggio si svolge il “Lesser festival” secondo il calendario della chiesa anglicana

Quanto all’archivio gran parte dell’epistolario e dei manoscritti collezionati dalla Josephine Butler Society Library sono custoditi presso la Women’s Library School of Economics and Political Science di Londra

bibliografia consultabile: Josephine Butler – The Internet Archive

fonti delle immagini: copertina tratta da internet; “casa di ospitalità per le ex prostitute” – Josephine Butler Building in Liverpool after Maghull Group removed cladding Author John Bradley; il nome trascritto di Josephine Butler da  The lower section of the Reformers memorial, Kensal Green Cemetery Author Stephencdickson; Blue plaque erected in 2001 by English Heritage at 8 North View, Wimbledon, London

articolo di ©Patrizia Cordone – Tutti i diritti d’autore riservati. Sono vietati il “copia-ed-incolla“, il plagio, la contraffazione dei contenuti e di tutti gli usi illeciti a danno della proprietà intellettuale. In ossequio alla normativa dei diritti d’autore e del copyright le infrazioni saranno perseguite con severità e senza indugio presso la competente autorità giudiziaria.