Tamara Djurovic, più famosa come”Hyuro” e le sue pitture murali per le donne

Di origine argentina, residente in Spagna e girovaga per il mondo, ha realizzato tantissime opere murarie raffiguranti e denuncianti le condizioni di vita delle donne, rendendo l’arte un grande mezzo di comunicazione immediata e di comprensione.

articolo di ©Patrizia Cordone – Tutti i diritti d’autore riservati. Sono vietati il “copia-ed-incolla“, il plagio, la contraffazione dei contenuti e di tutti gli usi illeciti a danno della proprietà intellettuale. In ossequio alla normativa dei diritti d’autore e del copyright le infrazioni saranno perseguite con severità e senza indugio presso la competente autorità giudiziaria.

Lo si ammetta senza reticenze: i murales non sempre sono belli e significativi, anzi sono decisamente brutti, un’offesa al senso estetico del decoro cittadino con tutti quei colori forti ed i disegni quasi caricaturali. Come se non bastasse si aggiunga, che ultimamente vengono spavaldamente favoriti da talune istituzioni cittadine per paventate e millantate ragioni di riqualificazione urbana, di fatto foglie di fico alla latitanza di profondi interventi migliorativi di quartieri degradati, sovente quelli popolari e periferici, insomma delle autentiche operazioni di facciata letteralmente intese, utili a mascherare il nulla di fatto di talune amministrazioni cittadine. Raramente i dipinti murali rivestono una qualche significanza, uno stile, una teoria e tra queste eccezioni va annoverata l’opera di Tamara Djurovic, in arte “Hyuro”.

Rabat, Morocco – Hyuro for Jidar Toiles de rue: Intelak 3, Avenue Mohamed Triki. Credits photo: Hamza Nuino.

Nata a Buenos Aires, Argentina, nel 1974, inizialmente si dedicò alla pittura su tela, continuò a studiare e nel 2005 si trasferì in Spagna, per il conseguimento di un master presso il Politecnico di Valencia ed intraprese la street art, con cui lentamente si impose quale maggiore rappresentante femminile in un settore largamente maschile. Infatti è stranoto, che il muralismo, sorto come corrente pittorica nel 1910 durante la rivoluzione messicana, veda una frequentazione quasi esclusivamente maschile tra i suoi esponenti.

In controtendenza a ciò Hyuro è stata una delle poche donne ad affermarsi con grande successo. L’interesse destato dalle sue opere murali fu tale da essere invitata ai festival internazionali, da ricevere lavori su commissione dalle municipalità cittadine sia in Europa che in altri continenti e da sollecitarle dei frequenti viaggi extracontinentali per le pitture murali in Messico, in Brasile, in Marocco, in Tunisia ed in altri paesi. Purtroppo è scomparsa all’età di quarantadue anni nel 2020.

Hyuro, Valencia, 2013

Nel corso della sua breve esistenza a Valencia ebbe un incontro decisivo con Escif, affermato pittore murale spagnolo a livello internazionale e dotato di una visione originale del suo lavoro vissuto quale strumento di coscienza sociale e contraddistinto da linee sobrie. Rimanendone affascinata, lei approfondì questo nuovo campo. Contrariamente a quanto si suppone in generale il murale richiede attento studio, parecchi scatti fotografici e misurazioni oculate dello spazio da dipingere, meticolosità niente affatto estranee al talento di Hyuro.

A ciò si aggiunga la specificità della sua arte declinata al femminile, per rappresentare le donne nella quotidianità, nell’attualità e nella storia; alle prese con la sofferenza e con lo sforzo di relazionarsi tra le proprie simili e per la denuncia delle condizioni di vita femminile. Ad ulteriore conferma lei stessa, per quanto parca di parole e lontana dai riflettori della ribalta, così descriveva il suo impegno artistico: “cerco di creare immagini che ci facciano mettere in discussione il sistema in cui viviamo“. Di fatto propone delle sfide al comune sentire, ai luoghi comuni e si concentra sulle lotte quotidiane femminili per la propria affermazione..

Hyuro, Ostenda, Belgio, 2017
credit photo: Ostendenomadography

Le donne raffigurate da Hyuro sono spesso senza volto, mute, tanto che proprio da questa apparente silenziosità le sue pitture murali divengono rumorosissime, dirompenti come un urlo, giacchè il suo intento vuole focalizzare l’attenzione visiva sul movimento della scena dipinta oppure sugli oggetti, come un vaso rotto in cocci, un mestolo, un grembiule, quali parti identitarie femminili in rappresentazione di stereotipi da contrastare. La sua tecnica figurativa non ricorre ad artefizi né alla spettacolarità grandiosa, seppure di epica si tratti, si, ma con il ricorso a tratti grafici essenziali, puliti, privi di retorica e di ridondanza rappresentativa. Quindi coerentemente la scala cromatica da lei usata si distanzia dalle tonalità accese e pesanti di gran parte della street art, infatti la sua è una scelta sapiente di toni e nuances sobrie, quasi a volte monocromatiche, niente affatto casuale affinché il risalto della sua pittura scaturisca dal disegno, dalla linea grafica e non esclusivamente dal colore, semmai dai due elementi commisurati in equilibrio tra di loro. E chi ha studiato l’arte della pittura classica, nello stile di Hyuro può (ri)conoscere forse un richiamo, seppure a latere ed involontario, alla tradizionale teoria pittorica risalente al rinascimento italiano.

In vita realizzò un’infinità di opere murarie, quantità rimarchevole considerata la sua breve esistenza e la sua scomparsa prematura, di cui resta il rammarico di quanto ancora avrebbe potuto realizzare e la speranza, che i murales da lei dipinti in così tanti luoghi possano resistere all’incuria del tempo.

articolo di ©Patrizia Cordone – Tutti i diritti d’autore riservati. Sono vietati il “copia-ed-incolla“, il plagio, la contraffazione dei contenuti e di tutti gli usi illeciti a danno della proprietà intellettuale. In ossequio alla normativa dei diritti d’autore e del copyright le infrazioni saranno perseguite con severità e senza indugio presso la competente autorità giudiziaria.