Lina Merlin, grandissima donna e Madre della Costituzione.

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articolo di Patrizia Cordone –  A lei si deve l’enunciazione dell’art. 3 della Costituzione, con la specifica “delle pari dignità ….. senza distinzione di sesso” e dell’art. 40 sul diritto di sciopero. Persona integerrima, fu emarginata dai compagni di partito a causa della sua ottima legge per l’abolizione delle case chiuse e non più ricandidata alle elezioni per mero maschilismo. 

Perseguitata, arrestata, confinata e vessata dal fascismo, fu consulente di fiducia di G. Matteotti, che basò il suo famoso discorso contro i brogli fascisti su una relazione dettagliata da lei preparata. Nata a Pozzonovo, provincia di Padova, il 15 ottobre 1887 e scomparsa a Padova il 16 agosto 1979.  Dopo avere insegnato alcuni anni in Francia, rientrata in Italia fu sospesa dall’insegnamento a causa del suo rifiuto al giuramento fascista. Iscritta dal 1919 al Psi, collaborò presso “L’Eco dei lavoratori”, settimanale socialista padovano e “La difesa delle lavoratrici”, di cui divenne direttrice. Cinque anni dopo dal partito fu incaricata dell’organizzazione della campagna elettorale veneta, un impegno straordinario, considerato che le donne non erano titolari di diritto al voto. Si dedicò con zelo e precisione alla stesura della relazione attinente sia le violenze che le illegalità aduse dai fascisti per ostracizzare le elezioni. Esattamente fu proprio il suo dettagliato resoconto, che una volta da lei, in qualità di consulente di fiducia, consegnato al collega socialista, il deputato G. Matteotti, quest’ultimo basò il famoso atto di accusa al fascismo contro i brogli elettorali. Purtroppo il seguito é noto, lui fu rapito ed assassinato. Sempre più convinta antifascista, dovette subìre alcuni arresti  ed il confino in Sardegna. Dopo l’8 settembre 1943 partecipò attivamente alla Resistenza. Assieme ad Ada Gobetti, Laura Conti ed altre militanti dette vita ai “Gruppi di difesa della Donna”, da cui nacque l’Unione Donne Italiane, assumendone la presidenza più volte. Scrisse degli articoli per l’“Avanti” il periodico socialista clandestino; la sua casa diventò un punto di riferimento per i partigiani necessitanti di strumentazione medica, di cui lei disponeva, essendo sposata ad un medico, inoltre sempre presso il suo domicilio con mille accorgimenti si svolgevano riunioni importanti con S. Pertini, L. Bassi e Claudia Maffioli, i quali qui organizzarono l’insurrezione. Considerata la pregressa esperienza da docente a lei fu affidato l’incarico di occuparsi del settore scolastico tant’é che fu nominata commissaria per l’istruzione della Lombardia non appena fu occupato dalla bgt. Rosselli il Provveditorato agli Studi di Milano il 27 aprile 1945. Eletta all’Assemblea Costituente partecipò alla cosiddetta “commissione dei settantacinque“, avente il compito di redigere la Carta Costituzionale da sottoporre alla stessa Assemblea una volta terminati i lavori. Fu sua la proposta dell’art. 40 sul diritto di sciopero e l’autrice della formulazione, riconosciutale anche da Nilde Jotti, dell’art. 3 della Costituzione, con la specifica “delle pari dignità ….. senza distinzione di sesso”, ma fu tutt’altro che semplice, per rendersene conto ecco cosa riferì lei stessa: “quando si discusse quello che nella Costituzione è l’articolo 3, era stata proposta la formula: ‘Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di razza, di lingua, di religione…….’ Proposi di aggiungere “di sesso”. Alcuni colleghi osservano che con le parole “tutti i cittadini” si indicavano uomini e donne, e il mio emendamento era dunque superfluo”. Al che rispose in modo fulmineo: “nel 1789 furono solennemente proclamati in Francia i diritti dell’uomo e del cittadino, ma quella proclamazione, che fu adottata da tanti altri paesi, restò ‘platonica’ perché cittadino è considerato solo l’uomo con i calzoni, e non le donne, anche se oggi la moda consente loro di portare i calzoni”. Riuscì a spuntarla. All’interno del suo partito fu componente della Direzione, incaricata quale responsabile della Commissione Femminile Nazionale dal 1945 al 1947.

Nel 1948 fu eletta al Senato, mentre dal 1958 al 1963 al Parlamento. Tra i suoi successi politici: la legge di accesso delle donne alla magistratura, battaglia condivisa con Maria Agamben Federici, democristiana; l’abolizione della dicitura “figlio di N.N.”, nomen nescio, fino ad allora riportata dagli atti anagrafici; il riconoscimento equiparato dei figli naturali a quelli legittimi; la cancellazione della “clausola di nubilato” sui contratti di lavoro, imposta alle lavoratrici contro il matrimonio ed a rischio di licenziamento e la promozione della legge per l’assistenza ospedaliera gratuita al parto. Oltre a ciò è da ricordare anche quello legato alla legge di abolizione delle “case chiuse” entrata in vigore nel settembre 1958. Riguardo a questa normativa la sua motivazione scaturì dal suo soggiorno francese di insegnante prima della guerra, aveva conosciuto degli allievi figli di prostitute, di cui sapeva le preoccupazioni ed i problemi.  La determinazione assunta durante l’iter parlamentare le procurò le ostilità espresse persino con battute nient’affatto cavalleresche da parte dei colleghi parlamentari, ancora peggiori furono i suoi compagni di partito, che nel 1961 le esplicitarono l’intenzione di non ricandidarla più e così fu. Pronta fu la sua reazione: strappò la tessera ed al suo commiato dichiarò parole durissime, non ne poteva più dei “fascisti rilegittimati, analfabeti politici e servitorelli dello stalinismo“. Non ricandidata concluse la sua attività politica nel 1963. Nonostante il suo partito e tutti gli altri nemici politici conservò il ricordo di una visita improvvisa avvenuta quando era segretaria della presidenza del senato. Delle ex prostituite andarono a trovarla proprio presso il suo studio di segreteria senatoriale per ringraziarla, molte altre le scrissero delle lettere di ringraziamento raccolte dal libro “Lettere dalle case chiuse”. Quasi sicuramente conservò un buon ricordo della sua esperienza come vice-presidente del Cidd, Comitato Italiano di difesa morale e sociale della donna, a fianco delle deputate democristiane Angela Guidi Cingolani, Maria Federici e Maria De Unterrichter Jervolino dal 1950 al 1963. Si ritirò a redarre le sue memorie a Padova, dove scomparve nel 1979. La sua autobiografia pubblicata postuma nel 1989, grazie all’impegno della senatrice Elena Marinucci, riporta delle frasi dolorose di Lina Merlin: “sono stata coerente con la mia decisione, non ho accolto inviti né da sinistra né da destra, ho rifiutato interviste che avrebbero dato a un fatto serio e doloroso l’aspetto del pettegolezzo, dal quale rifuggo, e di una meschina vendetta derivante da un astio che non sento“. La misura della grandezza di una donna, gigante tra tanti politici omuncoli.

n.b.: l’articolo completo delle ventuno biografie delle Madri della Costituzione fa parte di un libretto dedicato ad hoc per il 25 aprile 2017 da me redatto per un gruppo femminista milanese. Tutti i miei testi relativi sono riprodotti integralmente ed altri aggiornati su questo sito.

 

bibliografia:

  • Lettere dalle case chiuse,Lina Merlin e Carla Barberis, Edizioni del Gallo Milano, 1955;
  • Lina Merlin – La mia vita a cura di Elena Marinucci, Giunti, Firenze 1989;
  • La lobby delle donne: Legge Merlin e C.I.D.D. Un modo diverso di fare politica, Silvia Spinoso – Rubbettino, Soveria Mannelli 2005;
  • La senatrice. Lina Merlin, un «pensiero operante», Anna Maria Zanetti, Marsilio, Venezia 2006.
 

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