Edith Wharton, il riscatto di una borghese americana

Di fama mondiale é “L’età dell’innocenza”, il romanzo, da cui fu tratto l’ottimo film di M. Scorsese. Fertile scrittrice circa di cento libri fu più volte candidata al premio Nobel per la letteratura, senza mai vincerlo. Figlia dell’alta borghesia americana, visse tutte le restrizioni del suo ceto imposte alle donne, il cui unico orizzonte doveva essere il matrimonio. Da adulta si riscattò trasferendosi in Francia, vivendo secondo i propri parametri e riversando nella scrittura dei romanzi tutte le critiche alla società americana con finezza, che  non risparmiò neanche alla madre, la sua più acerrima nemica. 

articolo di ©Patrizia Cordone – Tutti i diritti d’autore riservati. Sono vietati il “copia-ed-incolla“, il plagio, la contraffazione dei contenuti e di tutti gli usi illeciti a danno della proprietà intellettuale. In ossequio alla normativa dei diritti d’autore e del copyright le infrazioni saranno perseguite con severità e senza indugio presso la competente autorità giudiziaria.

Il suo vero nome era Edith Newbold Jones. Nacque nel 1862 a New York, la minore di tre figli di Lucretia Stevens Rhinelander e di G. F. Jones, immobiliarista, discendente da una famiglia di antico lignaggio newyorkese, molto influente e considerata socialmente. Non frequentò nessuna scuola, si istruì con la guida di insegnanti privati, anche durante i viaggi numerosi dei suoi familiari in Europa  particolarmente in Francia, Germania, Italia, opportunità, che le consentì l’apprendimento delle lingue, l’apprezzamento verso l’architettura e l’arte. Quando era stanziale a casa, frequentava la biblioteca paterna ricca di volumi di letteratura classica, si rifugiava nella lettura avidamente: “nessun bambino della mia età… mi era vicino quanto le grandi voci che mi parlavano dai libri. Ogni volta che cerco di ricordare la mia infanzia é nella biblioteca di mio padre che prende vita … “. Da bambina era solita dilettarsi ad inventare delle storie, in casa passeggiava tenendo un libro aperto, sfogliandone le pagine e declamando dei racconti suoi. L’esercizio alle buone letture l’aveva allenata alla scrittura, cosicché quindicenne con lo pseudonimo di David Olivieri  pubblicò “Fast and loose” il suo primo romanzo, scritto quattro anni prima, ma il giudizio feroce della madre la indusse a desistere. Quindi ripiegò, si dedicò alle poesie; tradusse “Was die Steine ​​erzählen“, di H. K. Brugsch, pubblicata con il suo nome, ma la famiglia era molto contrariata dalla sua vocazione letteraria non ritenuta confacente né consona ad una giovane del suo rango sociale. Pertanto il padre propense alle pubblicazioni private, non commerciabili, di due dozzine di poesie originali e cinque traduzioni. Ma Edith Newbold Jones non sottostò, seppure in forma anonima riuscì a far pubblicare cinque poesie dall’Atlantic Monthly, un’importante rivista letteraria nel 1880. Purtroppo la sua tenacia non allentò le resistenze familiari e desistette da tentativi ulteriori, giacché la madre la privò di carta da scrivere e le proibì di leggere. Consapevole di essere invisa, osservava il suo ambiente sociale da lei definito “aristocrazia del denaro”, materialista, retrivo; si doleva con piglio critico dell’ipocrisia, della superficialità, delle convenzioni, delle consuetudini e delle limitazioni,  immagazzinando un sapere, che si svilupperà attraverso i personaggi e le trame dei suoi romanzi da adulta. Secondo le sue aspettative limitate di trovare “un buon partito” per la figlia appena diciassettenne, la madre sospinse il suo ingresso “in società” alle “feste delle debuttanti”,  qualunque mezzo per lei era maldestramente efficace pur di distoglierla dai suoi veri interessi ed anche a costo di inimicarsela, infatti i rapporti furono tutt’altro che idilliaci. L’interesse della figlia per un giovane fu contrastato dalla madre, ritenuto inadeguato alla sua classe sociale; fu costretta a sposare un banchiere, E. Wharton, nel 1885. Condividevano soltanto l’interesse per le attività all’aperto, i viaggi, che compirono assieme in Italia, in Belgio, in Francia; ma non per la cultura né per la letteratura, peraltro il marito era propenso a frequentazioni sociali a lei infide ed estranee. Nonostante tutto lei riuscì a ritagliarsi un suo spazio,  sia in viaggio, seppure in compagnia del marito, coltivando delle cerchie di amici del mondo intellettuale parigino che pubblicando dei libri stavolta attinenti agli arredi ed all’architettura quali “The decoration of houses” del 1897, scritto con l’architetto O. Codman, esito dell’osservazione degli stili europei, sguardo ed interesse anch’essi costanti della storia della scrittrice attraverso le ristrutturazioni di immobili da lei acquistati. In questo periodo riprese la scrittura di romanzi quali “The valley of decision” del 1902;  “La casa della gioia” del 1905, che riscosse successo sia da parte del pubblico che della critica; “Ethan Frome”  del 1911, recuperò l’attitudine da romanziera caratterizzata da una forte carica di giudizio contro l’alta società americana, memore delle restrizioni subìte in gioventù ed ancora pervasive socialmente. Dei suoi viaggi con il marito e nonostante lui scrisse alcuni diari fortunatamente editati, il cui primo fu “The cruise of the Vanadis”, una raccolta di impressioni durante la crociera attraverso le isole del mar Egeo; i saggi “Italian villas and their gardens” del 1904, “Italian backgrounds” del 1905 e “A motor flight through France” del 1908, pubblicati inizialmente a guisa di articoli di viaggio da riviste quali Scribner’s Century. Ma il matrimonio procedeva tutt’altro che sereno, fu costellato dai tradimenti e dalle malattie del marito, terminò con il divorzio nel 1913, mantenendo lei il cognome da sposata.

Intanto i suoi genitori erano scomparsi, finalmente lei poté decidere della sua vita in piena libertà. Ricca lo era già, divenuta indipendente e famosa, era alle prese con la creazione di circoli letterari in grado di dare ospitalità agli scrittori.  Si stabilì in Francia, a Parigi, Rue de Varenne 53. Quando scoppiò la prima guerra mondiale, lei convinta sostenitrice dell’imperialismo francese, decise di restare per prodigarsi in molte organizzazioni di aiuto alla popolazione. Si preoccupò della condizione economica delle donne, che aiutò con l’avvio di un laboratorio di cucito, dove venivano pagate e sfamate; dei bambini orfani anche provenienti dalle Fiandre, colpite dalla guerra, con un suo comitato di salvataggio, orfanotrofi e scuole; dei rifugiati belgi con un ostello, dove procurò loro il vestiario, il cibo ed il riparo;  dei malati di tubercolosi, per i quali provvide alle case di convalescenza. Senza risparmiarsi si dedicò ad una moltitudine di opere filantropiche, giacché si riteneva un’ “eroica operaia per conto del suo paese di adozione“. Mise a buon rendere il talento letterario, adoperandosi in qualità di inviata-corrispondente di guerra presso alcune testate giornalistiche newyorkesi quali “The New York Times” con le descrizioni della realtà difficile delle popolazioni colpite e dei vari assetti politici nazionali del conflitto mondiale. Proprio in veste di giornalista fu tra le poche persone ammesse alla prima linea in considerazione delle relazioni importanti coltivate con il governo francese. Attraversò i villaggi devastati, le trincee in auto con un suo vecchio amico W. Berry, presidente della Camera di commercio americana a Parigi; i numerosi reportage pubblicati da “Scribner’s magazine” divennero anche un libro intitolato “From Dunkerque to Belfort”. Per sovvenzionare al meglio gli ostelli, le case-rifugio ed i ricoveri da lei creati redasse “il libro dei senza-tetto” comprendente articoli, saggi, spartiti dei maggiori artisti contemporanei, che riuscì a coinvolgere; addirittura il presidente statunitense T. Roosevelt ne scrisse la prefazione elogiativa dell’impegno della sua connazionale ed esortativa la causa francese presso gli americani.

La sua generosità immane conquistò i francesi fino al punto che le fu conferita la Legion d’Onore  nel 1916, parimenti dal Belgio la medaglia della regina Elisabetta e la nomina di cavaliere dell’Ordine di Leopoldo. Con sollievo per tutti la guerra terminò, lei assistette alla parata della vittoria dal balcone dell’appartamento di un amico, che viveva agli Champs Elysées. Maturò la decisione di ritirarsi in campagna, a Saint-Brice-sous-Forêt, dove acquistò una villa, che chiamò Pavillon Colombe, la elesse a sua residenza stabile, mentre in primavera ed in inverno viveva al castello di Sainte Claire du Vieux, un vecchio convento da lei restaurato, a Hyères in Costa Azzurra. Incaricata dal governo francese si recò in Marocco, ospite del generale H. Lyautey, laggiù impegnato per la modernizzazione della colonia. Lei scrisse un libro per l’appunto intitolato “Marocco”, un racconto delle tappe compiute nel paese, ricco di descrizioni popolari, artistiche e lusinghiero della presenza politico-amministrativa francese, pubblicato nel 1920, questo fu il suo ultimo libro di viaggio. Il medesimo anno fu stampato “L’età dell’innocenza”, un affresco impietoso della classe alto-borghese americana, con cui é alle prese una giovane donna insofferente e malinconica. Il romanzo le valse il riconoscimento del premio Pullitzer nel 1921, la prima volta attribuito ad una scrittrice. Andò soltanto due volte negli Usa, l’ultima in occasione del conferimento della laurea honoris causa attribuitale dall’università di Yale nel 1923, anche in questo caso un altro primato per lei, la prima donna. Rientrata in Francia, non si mosse più. Si dedicò esclusivamente al giardinaggio ed alla scrittura senza nessuna nostalgia per gli Usa, anzi, la lontananza e la permanenza francese le consentirono un’ottima angolazione privilegiata per osservare con distacco il decadimento della società statunitense involgarita dal materialismo dilagante, di cui “L’Età dell’innocenza” del 1921 é un ritratto aspro scritto finemente parimenti a “The glimpses of the moon” del 1922, “A son at the front” del 1923, “The mother’s ricompense” del 1925, “Twilight sleep” del 1927, “The children” del 1928 e “Hudson river bracketed” del 1929. Intanto i tempi erano maturati per degli scritti autobiografici, i quali inizialmente furono pubblicati a guisa di articoli dal “Ladies ‘home journal” fino al 1934, in seguito raccolti assieme in un libro “A backward glance”, lo stesso anno. Fu una scrittura liberatoria, dove raccontò gli approcci letterari della sua infanzia, i viaggi, le amicizie importanti quali ad esempio con lo scrittore H. James, che fu a lungo la sua guida durante i primi anni di matrimonio fintanto che lei visse negli Usa e la figura di sua madre, descritta senza mezzi termini come una donna fredda, cinica, rigida e superficiale: indubbiamente fu la sua vendetta postuma alle soverchierie dolorose sofferte. Tutte queste opere vertono allo smascheramento dell’ipocrisia sociale di una classe tronfia ed ignorantemente superba. Di contro le eroine dei suoi romanzi sono dotate di un animo nobile, desiderose di vita sia spirituale che intellettuale, loro malgrado vittime delle convenzioni di un sistema autoreferenziale. Per sua fortuna visse così tanto da potere assistere al crollo di quel mondo disfatto e decadente. Con saggezza visse l’avanzare degli anni: “l’unico vantaggio di invecchiare é che si impara a distinguere quello che conta da quello che non conta“.

Per la sua produzione letteraria fertile con più di ottanta titoli pregevoli di racconti, quindici romanzi, raccolte di poesie, libri di viaggio, di architettura fu candidata più volte al premio Nobel per la letteratura, ma non lo vinse mai. Sofferente di problemi cardiaci, scomparve lavorando nel suo castello di Hyères all’età di settantacinque anni nel 1937. “Con tutti gli onori dovuti a un eroe di guerra e un cavaliere della Legion d’Onore” come scrissero i giornali francesi fu sepolta al cimitero protestante americano des Gonards di Versailles, la sua lapide reca l’epitaffio da lei scelto: “ave crux spes unica”.

Lasciò incompiuto il suo ultimo romanzo “The buccaneers”, pubblicato postumo nel 1938. Le sue opere tuttora tradotte e ristampate in molte lingue suscitano molto interesse, persino studiate ai corsi di letteratura presso alcune università. Di una di esse “L’età dell’innocenza” una mirabile versione cinematografica é stata diretta da M. Scorsese nel 1993.

Delle sue residenze resta “The mount”, da lei progettata, decorata ed arredata a Lenox, Massachusetts nel 1902. Fu il luogo prediletto, dove raccolse il circolo di intellettuali statunitensi, tra cui H. James, il quale descrisse la villa come “un delicato castello francese specchiato in uno stagno del Massachusetts“, tra gli altri anche S. Lewis, T. Roosevelt, B. Berenson, K. Clark e gli amici francesi quali J. Cocteau, A. Gide. Qui scrisse il suo primo libro importante di architettura di interni “The decoration of houses” del  1897, il celebre “L’età dell’innocenza” del 1905 ed altri fintanto che ci visse fino al 1912 durante gli anni del suo matrimonio. Venduta nel 1911, fu riacquistata da alcuni suoi familiari nel 1942 ospitando la “Foxhollow school for girls” nel 1976; fu utilizzata per le rappresentazioni teatrali della “Shakespeare & company” nel 1997, in seguito si é costituita la fondazione, tuttora vigente, che ne ha curato il restauro sia degli interni che dei giardini visitabili dal pubblico. Il nome della scrittrice é stato aggiunto alla “National women’s hall of fame” nel 1996, forse un po’ tardivamente per una scrittrice tanto apprezzata dalle sue contemporanee, come Matilde Serao che scrisse: “la cultura e l’esperienza si fondevano in lei nello splendore della sua vigorosa intelligenza”.

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